DIABETE: L'OLIO DI PALMA DISTRUGGE LE CELLULE DEL PACREAS
Studio made in Italy identifica una proteina sensore dei grassi nel sangue e che scatena una cascata di stress ossidativo
La campagna contro l'olio di palma, molto diffuso nelle preparazioni dell'industria alimentare, ha trovato manforte: ricercatori dell'Università di Bari svelano che questo e altri grassi nocivi possono distruggere le cellule beta del pancreas, responsabili della produzione di insulina, aprendo quindi la strada al diabete di tipo 2. Un danno irreversibile, si legge nello studio tutto italiano, condotto con i colleghi degli atenei di Pisa e Padova e appena pubblicato sulla rivista Diabetologia.
A essere messo sotto la lente di ingrandimento è il palmitato, un acido grasso presente nell'olio di palma e in misura minore anche nel burro e nei formaggi, e che abbonda nel sangue di obesi e persone in sovrappeso per via della dieta poco equilibrata. Questo grasso stimola l'espressione della proteina p66Shc, un killer delle cellule produttrici di insulina. «E' un potente induttore di stress ossidativo a livello cellulare», spiega il coordinatore dello studio, Francesco Giorgino, ordinario di Endocrinologia e malattie del metabolismo all'Università Aldo Moro di Bari e coordinatore del comitato scientifico della Sid. «Agisce promuovendo la formazione di specie reattive dell'ossigeno, che sono in grado di danneggiare e uccidere le cellule. E funge anche da amplificatore di altri fattori in grado di promuovere lo stress ossidativo, quali l'iperglicemia nel diabete e un aumento della produzione di fattori coinvolti nell'infiammazione». Per dimostrare il legame tra olio di palma e la p66Shc, il gruppo di ricerca ha misurato l'espressione di questa proteina nelle isole pancreatiche di topi da laboratorio, sottoposti a un regime alimentare ricco di grassi, e in quelle di donatori umani sovrappeso o obesi. Sono stati inoltre studiati gli effetti di una dieta ricca di grassi anche su cellule pancreatiche di topo e su cellule di insulinoma di topo nelle quali era stato 'cancellato' il gene codificante per la proteina p66Shc, che non poteva dunque essere più prodotta: questi animali sono risultati più longevi, proprio perchè l'assenza della proteina killer ha avuto un ruolo protettivo dai danni dello stress ossidativo. «Nello studio, viene identificato nella proteina p66Shc una sorta di 'sensore' dell'eccesso di grassi e dell'obesità all'interno della cellula beta pancreatica, che poi crea effetti dannosi», conclude il ricercatore.
FONTE: http://www.ok-salute.it/
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