domingo, 25 de octubre de 2020
RIFIUTI RADIOATTIVI IN LOMBARDIA E VENETO: LA APPA E LA BOMBA ECOLOGICA DEL NORD EST
Italia martoriata, dove i profitti legati allo smaltimento dei rifiuti sono più importanti della salute dei cittadini e del territorio. All’interno di un Paese in cui la criminalità la fa da padrona nella gestione delle discariche, una nuova inchiesta scoperchia un’invasione di rifiuti tossici provenienti dall’Australia, dalla Slovenia e da altri Paesi dell’Est.
La bomba ecologica del Nord-Est
In Lombardia, soprattutto nella zona del Bresciano, e in misura più ridotta in Veneto, sono state fuse in fonderie e acciaierie fonti di Cesio 137, di Radio 226 e di Cobalto 60, arrivate quasi sempre dall’Est Europa. Questi materiali venivano nascosti in involucri di piombo infilati dentro i camion di rottami, in modo da sfuggire ai controlli. Una volta finiti nei forni hanno contaminato gli impianti di abbattimento fumi, le polveri, i lingotti di acciaio e di alluminio. Una delle zone maggiormente inquinate è il Bresciano con oltre 86mila tonnellate che si trovano ancora dentro le aziende o in discariche realizzate senza l’isolamento del fondo. E così i veleni hanno raggiunto la falda sottostante. Gli incidenti maggiori avvenivano negli anni 90 ma non mancano nemmeno ai giorni nostri, e l’eredità dei decenni passati è notevolmente ingombrante sotto l’aspetto ambientale e a livello di salute.
Le discariche maggiori nel Bresciano
Metalli Capra di Capriano del Colle, la più grande discarica radioattiva d’Italia, con ben 82.500 tonnellate di scorie al Cesio 137 che dormono all’interno di un parco agricolo regionale costellato di vigneti
L’ex Cagimetal, alle porte di Brescia, con 1800 tonnellate di scorie sempre contenenti Cesio.
Esistono altre piccole discariche di materiale rimasto dentro le acciaierie. La prefettura di Brescia per evitare che calamità naturali inneschino un disastro ecologico ha trovato come soluzione la realizzazione di bunker in cemento armato, dove poter stoccare povere e tondini di Cesio per due secoli, il tempo necessario per il decadimento di questo materiale.
I bunker realizzati per lo stoccaggio dei materiali radioattivi
Alfa Acciai di Brescia nel 1997 venne fusa una partita di rottame proveniente dalla Cecoslovacchia e contenente Cobalto 60 e Cesio 137, all’interno ci sono oltre 500 tonnellate di materiale contaminato.
Nel 2013 venne realizzato un secondo bunker nel magazzino della ex Rivadossi Metalli dove esiste un sarcofago di ottocento metri quadrati, all’interno del quale vi sono sei container contenenti 140 sacchi di materiale radioattivo.
Il terzo bunker è in Valtrompia, ultimato nel 2016 ed è alle Acciaierie Venete di Sarezzo.
Il quarto bunker in cemento armato verrà realizzato dentro la Iro di Odolo, dentro questo sarcofago, che sarà in grado di reggere l’urto di un camion in corsa, lo schianto di un elicottero ed un eventuale incendio, riposeranno le le 170 tonnellate di polveri di fumo contaminate in seguito all’incidente avvenuto il 5 luglio 2018.
Incidenti avvenuti fra il 1974 e il 2018 nel Nord Est
Gli incidenti ambientali negli anni avvenuti a causa dei rifiuti radioattivi, in seguito ad attività di bonifica, si spalmano dal 1974 al 2018 in tutto il Nord Est. La concentrazione maggiore avviene in Lombardia, dove si concentrano la metà delle fonderie italiane.
Veneto
1974 Azienda Ospedaliera di Verona: 100 e più tonnellate di materiale sanitario viene contaminato da aghi di Radio 226, visto il livello di radioattività più alto del solito il materiale è tutt’ora stoccato nel magazzino dell’ospedale.
2004 Acciaierie Betrame a Vicenza Materiale radioattivo arrivato da Italrecuperi di Pozzuoli, proveniente a sua volta da una ditta statunitense di Cincinnati (Ohio), la Ohmart, produttrice dell’isotopo per usi industriali, inserito nei forni, contaminazione avvenuta, sequestri, stoccaggio e via il solito copione con anni di attesa su come trattare il materiale e dove farlo confluire.
Lombardia
Nel 1990 venne fusa una partita di rottame contenente materiale radioattivo alla fonderia Premoli a Rovello Porro, nel Comasco, materiale arrivato in origine dall’Est Europa. A suo tempo le autorità avevano sempre sostenuto che non era il caso di allarmarsi, ma l’Arpa della Lombardia parla di cumuli di veleno, falde acquifere inquinate, e un rischio elevato di catastrofe ecologica. Problematiche sempre notevolmente minimizzate da sempre in Italia e la difficoltà maggiore è dovuta alla mancanza di soldi per sanare simili situazioni.
Sempre nel 1990 una parte del materiale sopra citato finì all’Astra di Gerenzano (Varese), dove oggi sono 320 le tonnellate in attesa di una soluzione definitiva.
Eco-Bat Spa di Paderno Dugnano (Milano): nel 2015 venne fusa una fonte di Radio 226, stesso isotopo che nel 2011 ha contaminato anche la Intals Spa di Parona (Varese).
Ultimo caso segnalato risale a 2018 alla I.R.O. di Odolo (Brescia) all’acciaieria della Valsabbia dove il 5 luglio si è verificato l’ultimo incidente radioattivo, quando una sorgente di Cesio 137, schermata dal piombo, finì nel forno senza che l’impianto radiometrico installato all’ingresso dell’azienda suonasse. Ma l’allarme scattò non appena il rottame finì nel forno, visto che le sonde rilevarono un’anomalia nelle emissioni. L’azienda fece scattare immediatamente la procedura di rito, chiamando Arpa e Vigili del Fuoco.
Storia dello smaltimento illegale dei rifiuti contaminati nel Nord Est
In questi ultimi anni, ci siamo ormai abituati ad assistere alla scoperta di orrori ambientali: discariche abusive, avvelenamenti del territorio, rifiuti tossici smaltiti illegalmente.
Nei giorni scorsi, è stata fatta luce su un sistema di smaltimento di veleni di oltre 30 milioni di tonnellate.
Una video inchiesta, pubblicata dal Corriere della Sera, illustra chiaramente una situazione che va avanti da anni e che mette seriamente a rischio la salute della popolazione lombarda.
Le inchieste sullo smaltimento dei rifiuti
Il procuratore generale della Corte d’Appello di Brescia Pier Luigi Maria Dell’Osso, che fino all’anno scorso era il procuratore nazionale antimafia aggiunto, ha voluto che un pool di magistrati si occupasse dei reati connessi allo smaltimento illegale dei rifiuti tra la Lombardia e l’Emilia Romagna. Le inchieste, che riguardano prevalentemente la zona di Montichiari, sono ormai decine e attualmente sono in corso una serie di approfondimenti investigativi su alcune aziende che gestiscono discariche nella zona. Discariche che conterrebbero rifiuti tossici altamente pericolosi.
Come spiega lo storico ambientalista bresciano Marino Ruzzenenti: “Il 50% della metallurgia nazionale da rottame, cosiddetta metallurgia secondaria è concentrata in questa provincia. Lo smaltimento di queste scorie, fino agli anni Ottanta, non era assolutamente regolamentato: si entrava con un camion nella fabbrica, si prendevano i fanghi e le scorie e poi la prima buca che si incontrava li si buttava lì. La verità è che non si sapeva dove metterle e allora un po’ sono finite dai nostri amici campani e molto altro è finito qui sul territorio. Qui è cambiato il paesaggio. Questa era una zona pianeggiante ed è diventata una zona collinare: le colline sono determinate da queste enormi discariche. Quelle conosciute sono 12″.
La provenienza dei rifiuti tossici
Secondo il procuratore generale di Brescia Pier Luigi Maria Dell’Osso, i rifiuti tossici proverrebbero dall’Australia, dalla Slovenia e dagli altri paesi dell’Est. Si tratterebbe prevalentemente di carichi di ceneri e scarti di demolizione con concentrazioni di cianuri, fluoruri e bauxite che “viaggiano in cargo o di notte sui vagoni. Il distretto bresciano e quello contiguo milanese sono il punto di riferimento di tutto il traffico di rifiuti di ogni tipo e di ogni genere che si è spostato da Sud a Nord“, precisa il procuratore. Le associazioni ambientaliste parlano di oltre 30 milioni di tonnellate di scorie accumulate sul territorio bresciano dal dopoguerra ad oggi.
Le indagini effettuate hanno portato gli inquirenti a ipotizzare che il traffico di rifiuti avvenisse attraverso una serie di triangolazioni societarie, cartiere e un giro di false fatturazioni. Il territorio bresciano è una realtà di grandissima estensione, che facilita le consorterie criminali mafiose che operano in questo settore. Un settore che è un vero business perpetrato sulla “pelle” dei cittadini. Anche in questa zona, infatti, l’incidenza dei tumori è molto alta anche se non è stata mai fatta una indagine epidemiologica specifica sul territorio.
FONTE: Agnese Tondelli
https://www.ambientebio.it/ambiente/rifiuti-radioattivi-lombardia-veneto-mappa-nord-est/
https://www.corriere.it
https://brescia.corriere.it
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